È una forma di comunicazione impropria che rischia di condizionare pesantemente l’informazione televisiva, specie in periodo elettorale. L’Authority mette dei paletti ai videomessaggi politici (utilizzati soprattutto da Berlusconi) per evitare che il fenomeno dilaghi incontrollato. Intanto in Rai…
Ne ha parlato in dettaglio il sito di 'Repubblica':
«Gli operatori dell'informazione radio-tv possono diffondere nei tg e nei programmi di approfondimento videomessaggi di soggetti politici e istituzionali "solo in casi eccezionali di rilevante interesse pubblico e nel rispetto di modalità tali da non incidere sul pluralismo dell'informazione". Un chiarimento che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni affida ad una nota pubblicata oggi sul suo sito. L'uso dei videomessaggi come "forma abituale di comunicazione", infatti, secondo l'Agcom, comporterebbe il "rischio di incidere sui canoni di parità di trattamento tra tutti i soggetti politici ed istituzionali su cui si fonda il principio del pluralismo politico in televisione".
L'Agcom elenca poi i requisiti minimi per la diffusione dei videomessaggi e annuncia che "vigilerà" affinché vengano "rigorosamente rispettati". Altrimenti, "in caso di accertate violazioni, saranno assunti i conseguenti provvedimenti previsti dalla legge".
I requisiti sono sei, e circoscrivono chiaramente la possibilità di intervento attraverso videomessaggi. Il primo è una regola generale per i Tg: "I videomessaggi possono essere trasmessi nel corso dei telegiornali solo in via eccezionale e laddove strettamente connessi con l'attualità della cronaca, rispondendo a primarie esigenze informative di rilevante interesse pubblico".
Il secondo punto approfondisce durata e presenza nelle varie edizioni dei Tg: "I videomessaggi - qualora rivestano una durata particolarmente lunga, comunque superiore a tre minuti - non possono essere trasmessi nella loro integralità nel corso del telegiornale e non possono essere trasmessi in tutte le edizioni giornaliere del medesimo telegiornale". Il terzo è quasi un'appendice al punto 2: "I videomessaggi non possono essere riproposti nei telegiornali dopo 48 ore dal verificarsi dell'evento".
Il quarto requisito regola il contraddittorio: "Di norma, la diffusione del videomessaggio nel telegiornale deve essere accompagnata da commenti di altri soggetti onde assicurare un confronto dialettico al fine della libera e consapevole formazione delle opinioni degli ascoltatori". Il quinto estende la regola anche ai talk: "Allo stesso fine, la diffusione di videomessaggi nei programmi di approfondimento informativo deve sempre avvenire nell'ambito di un confronto dialettico".
L'ultimo punto, il sesto, determina l'impossibilità di trasmettere videomessaggi durante i periodi di campagna elettorale: "Nel corso della campagne elettorali non possono essere trasmessi videomessaggi al'interno dei telegiornali e dei programmi di informazione, al fine di evitare confusione ontologica con i messaggi politici autogestiti così come disciplinati dalla legge n. 28 del 2000 e dai relativi regolamenti attuativi"».
Fin qui - ci pare - tutto bene. Ma che succede normalmente nei Tg (qui un po' tutti), dove al di là dei videomessaggi, spesso la notizia di apertura è quella di una telefonata di Berlusconi all'una o all'altra manifestazione di partitino della galassia di Centro-Destra per ribadire le solite tesi e creare dibattito su questo? Poi naturalmente i Tg 'di sinistra' (ci sono, volendo, tipo Tg3 e, per alcuni, anche Tg7) mettono in bel risalto le reazioni di Bersani o del PD, indignati, e quelli di Centro-Destra (questi sono un po' di più) danno uno spazietto a Bersani e chiudono con la nota di Cicchitto o Santanché o (questo va di moda ora) Ferrara.
Ma sono notizie effettive queste - verrebbe da dire - e il dibattito politico deve sempre svolgersi in questo modo? È proprio vietato parlare (invece) dei problemi veri del Paese?
In attesa che qualcuno ci dia una risposta (ci riferiamo magari al mondo giornalistico, perché ai politici, tutto sommato, va bene così, in buona maggioranza, visto che così sono sempre in video, in un modo o nell'altro) resta da segnalare la solita guerriglia alla Rai. Masi se ne andrà? Forse, ma intanto tenta - fosse anche l'ultima volta, ma se gli riuscisse, cosa improbabile al momento, magari non sarebbe più il suo addio alla Rai - di bloccare per l'ennesima volta i programmi scomodi di RaiTre, visto che a Santoro i giudici hanno dato ancora ragione. La tattica è la solita: rinnovo dei contratti non garantito, pratiche che misteriosamente si allungano, personaggi popolari e redditizi per la pubblicità (Sipra) che però la Rai non fa nulla per trattenere, speranza di prendere per sfinimento i soliti Fazio, Gabanelli, Dandini.
Di qui la reazione di Paolo Ruffini che da direttore di RaiTre, come sempre, fa scudo, i 'pesati distinguo' di Garimberti e anche di Zavoli, la mobilitazione di chi in Tv vuol continuare a vedere programmi colpevoli solo di piacere a una parte del Paese e - ci pare - anche di essere ben fatti, cosa che costituisce un'aggravante per alcuni, perché porta ascolti e quindi li 'protegge' da facili cancellazioni dal palinsesto.
Ma 'Sorrisi e canzoni' in edicola si lancia. “Fazio è in trattative con La7, la Littizzetto non ne può più e lascia comunque 'Che tempo che fa'”. Forse non andrà così, alla fine, ma a Masi (e a Signorini) forse piacerebbe che andasse così.