Vivendi: tutti i ‘guai’ delle ‘operazioni in Italia’

Si fa davvero complicata la posizione di Vivendi in Italia, in merito ai due importanti investimenti, per complessivi 5 miliardi di euro circa, effettuati negli ultimi tempi, ovvero quelli in Tim - Telecom Italia e in Mediaset.

 

Per ciò che riguarda Tim, c’è stata anche la recente decisione della Consob di considerare la quota di Vivendi nella società di tlc (23.9%) come “come una partecipazione di controllo di fatto ai sensi dell’art. 2359 del codice civile e dell’art. 93 del TUF, oltre che della disciplina in materia di operazioni con parti correlate”.

Il controllo di fatto accertato definitivamente comporterebbe fra l’altro per Vivendi un danno economico rilevante, poiché costringerebbe i francesi a mettere a bilancio la stessa Telecom, che ha il ‘difetto’ di avere un indebitamento di grande rilievo.

 

A conclusioni analoghe sembrava essere arrivato anche il Governo, intervenuto a sua volta nella vicenda non solo in rapporto alle ‘tensioni economiche’ generali con la Francia ma anche per l’importanza strategica di Telecom. L’Esecutivo contesta peraltro a Vivendi di non aver effettuato le previste comunicazioni in merito alla più o meno sostanziale acquisizione del controllo di Tim e deve anche decidere se utilizzare o meno la possibilità di intervento diretto mediante l’utilizzo del famoso ‘golden power’, previsto per aziende di particolare rilevanza quale sicuramente è Telecom (magari qualcuno obietterà che il Governo poteva accorgersene prima e impedire o attenuare in precedenza l’intervento dei francesi, oppure ripensare alla stessa privatizzazione totale della società).

In ballo c’è non solo il problema della rete di Tim (della cui separazione a livello societario dalla società operativa di tlc si discute da anni, ma che anche stavolta dovrebbe essere evitata) ma anche e soprattutto quello di società strategiche del gruppo Tim a livello di sicurezza interna in Italia, come Sparkle, che possiede una importante rete di cavi sottomarini per le comunicazioni internazionali.

La decisione in merito da parte del Governo è prevista per il 25 settembre e potrebbero anche essere comminate a Vivendi delle multe più o meno di rilievo.

Nel frattempo Vivendi sta affilando le armi a livello legale (con ingaggio di consulenti di primo livello) per dimostrare che la propria partecipazione in Tim non equivale al controllo della società, una tesi, per la verità, ardua da sostenere, visto il cambio di dirigenza in Telecom voluto dai francesi e una serie di decisioni che sembrano proprio essere state originate Oltralpe (come la possibile alleanza con Canal+).

 

Ancora peggio potrebbero andare le cose in Mediaset, dove - lo ricordiamo - Vivendi ha acquisito con una serie di rapidissime operazioni ben il 30% circa (poco meno, per la precisione), dopo la repentina fine dell’alleanza su Premium (tornata poi nella mani di Mediaset). A parte la serie di cause avviate da Fininvest per contestare il diritto di francesi di procedere prima a ‘stracciare’ l’accordo su Premium già firmato e poi ad avviare gli acquisti di quote Mediaset sul mercato fin sulla soglia dell’OPA, c’è stato l’intervento diretto dell’Agcom, che ha contestato in particolare la ‘liceità’ della contemporanea importante partecipazione in Mediaset e in Telecom, imponendo una serie di misure ‘correttive’.

Fra queste per ora la ‘sterilizzazione’ di buona parte della partecipazione in Mediaset (individuata poi nella quota eccedente il 9.9%, ovvero circa il 20%), in attesa di una possibile/probabile successiva obbligatoria cessione.

Dopo un primo piano di Vivendi in merito, considerato poco ‘soddisfacente’ dall’Autorità, i francesi hanno presentato nei giorni scorsi una nuova operazione, di cui l’Autorità ha “preso atto” con maggiore favore rispetto alla precedente, sostanzialmente approvandola. Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha infatti “preso atto… delle integrazioni alla proposta di piano di Vivendi SA presentata ai sensi della delibera Agcom 178/17/CONS”.
Il piano di Vivendi “indica, tra l’altro, le condizioni per individuare il soggetto indipendente il cui nominativo sarà previamente sottoposto all’Autorità unitamente al relativo mandato. A tale soggetto dovranno essere trasferite le quote di partecipazione in Mediaset SpA eccedenti il decimo del totale dei voti esercitabili nell’assemblea degli azionisti della Società.
L’Autorità vigilerà sulla concreta attuazione dell’impegno a rimuovere la posizione vietata, entro il termine fissato…
Resta ferma, in ogni caso, l’attività di monitoraggio di Agcom volta a verificare che Vivendi SA non eserciti comunque un’influenza notevole su Mediaset, ai sensi dell’art. 2359 comma 3 del Codice Civile”.

L'idea è quella di creare un 'veicolo' al quale conferire la citata quota di circa il 20% di Mediaset. Non è ancora del tutto chiaro se si arriverà a un vero 'blind trust' o all’affidamento a una fiduciaria delle quote (anche se il blind trust viene dato per ‘favorito’). Molto probabilmente i francesi potranno mantenere il diritto ai dividendi, mentre non è chiaro se potranno disporre anche indirettamente della possibilità di vendere tutta o parte della quota in Mediaset sul mercato.

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